P.I. 24 gennaio. Verso un nuovo fascismo sindacale

In allegato il documento e un volantone sugli stipendi pubblici + foto presidio all'aran

Nazionale -

L’ articolo 39 della Costituzione recita:
“L’organizzazione sindacale è libera”



Il nuovo ciclo aperto dall’accordo del 23 luglio sul welfare sta andando verso una soluzione, ancora non definita ma decisamente orientata ad una risoluzione che sembra concretamente realizzarsi su questioni quali l’assetto di un nuovo modello contrattuale e nuove regole sulla rappresentanza e sull’esercizio della democrazia nei luoghi di lavoro.


Tutto quindi sembra pronto per una ulteriore svolta autoritaria, non una semplice “stretta” incidentale tesa a mantenere il monopolio sindacale nelle mani di Cgil, Cisl e Uil, ma un dato strutturale dal quale nessuno può più prescindere.


L’accordo tra le tre organizzazioni sindacali concertative e il Governo ruota attorno a tre cardini principali:


·    la liquidazione di ogni spazio sindacale di tipo conflittuale, di base e indipendente;


·    il ridimensionamento, fino all’estinzione, del Contratto nazionale attraverso l’imposizione di un unico livello di contrattazione in sede decentrata;


·    la disponibilità a riscrivere le regole sulla rappresentanza in chiave maggioritaria, per la tutela degli interessi delle organizzazioni sindacali concertative (Cgil, Cisl, Uil e all’occorrenza Ugl).


Già la normativa vigente prevede nel Pubblico Impiego un restringimento degli spazi di agibilità sindacale sottoponendo le organizzazioni sindacali alla “misurazione” della loro rappresentatività che non deve essere inferiore al 5% medio, calcolato sulla base degli iscritti e dei voti riportati nelle elezioni RSU, per poter essere ammessi alla contrattazione per la stipula di contratti collettivi nazionali di comparto (articolo 43 D.Lgs. 165/01).


Le stesso regolamento elettorale per le elezioni dei delegati RSU è stato negli anni reso restrittivo e limitativo; se poi, come accaduto nelle elezioni RSU del 2004 la certificazione del risultato avviene dopo oltre due anni e mezzo è facile comprendere come in realtà si punti alla “sospensione” del sistema partecipativo e democratico.


Ma questo non basta per poter accedere alla contrattazione integrativa in quanto i soggetti che partecipano a tale contrattazione sono definiti dagli stessi contratti nazionali (art. 40 D.Lgs. 165/01).


Infatti in tutti contratti nazionali del Pubblico Impiego viene prevista la partecipazione ai successivi livelli di contrattazione dei soli sindacati firmatari dei contratti nazionali, clausola questa imposta da Cgil, Cisl e Uili per imporre il loro monopolio sindacale e per chiudere qualunque spazio di agibilità a chi dissente ed ha una autonomia e indipendenza rispetto al quadro politico e alle sue esigenze.


A questa normativa più remota se ne affianca una più recente che impedisce alle organizzazioni sindacali in sintonia per obiettivi e finalità di stringere patti di affiliazione che rafforzerebbero la loro rappresentatività nel Pubblico Impiego e nei suoi comparti (Contratto Collettivo Nazionale Quadro del 24/9/07 “di integrazione del ccnq sulle modalità di utilizzo dei distacchi, aspettative e permessi  nonché delle altre prerogative sindacali del 7/8/98”).


Inoltre sono già avviati presso il Dipartimento per la Funzione Pubblica gli studi per la modifica del D.Lgs 165/01 nelle parti che ancora garantiscono un minimo di spazi democratici di agibilità anche per chi non condivide sempre le scelte che la politica fa sul lavoro pubblico. Stando alle nostre informazioni e alla tenuta del quadro politico questa operazione di revisione dovrebbe essere operata non più tardi del prossimo mese di febbraio.


Un altro ambito che si sta sfaldando è quello delle RSU che, già pesantemente penalizzate in origine rispetto agli ambiti di intervento, sono oggi scippati illegittimamente anche delle residue competenze a tutto favore dei “firmatari di contratto”.


L’ambito in cui operano le RSU è quello strettamente legato al proprio luogo di lavoro senza alcuna possibilità di intervento sui contratti nazionali e, per i comparti “verticali” (ministeri, parastato, agenzie fiscali, ecc), neanche sulla contrattazione integrativa; quindi un intervento in un ambito già predefinito da accordi nazionali.


I nuovi contratti stanno formalizzando un nuovo ambito di contrattazione, quello regionale, che di fatto svuota anche le residuali funzioni dei delegati eletti direttamente dai lavoratori attribuendo la titolarità della contrattazione nel nuovo ambito regionale alle sole organizzazioni sindacali firmatarie dei contratti nazionali di comparto.


Oggi l’iniziativa di RdB-CUB apre la strada ad un’offensiva sindacale capace di prevalere nella difficile partita, la cui posta è il modello sindacale dei prossimi anni e, nell’immediato, il modello contrattuale e le regole della democrazia e della rappresentanza nei posti di lavoro.


E’ necessario rilanciare da subito il protagonismo dei lavoratori e dei delegati eletti alle recenti RSU, a partire dai posti di lavoro, capace di riaffermare la centralità della partecipazione alle scelte ed alle lotte sindacali, rompendo il processo reazionario in atto nel mondo del lavoro.



L’obiettivo è cancellare il contratto nazionale di lavoro.


Oggi ci si avvia al superamento degli accordi del 1992 e del 1993 come chiesto da Confindustria e si afferma una condizione di maggiore sottomissione del mondo del lavoro ai poteri economici e finanziari.


Attacco al lavoro pubblico: la Pubblica Amministrazione va piegata ed utilizzata in funzione alle necessità primarie dell’impresa. Vanno quindi superate tutte le tutele che limitano flessibilità e orario di lavoro. Ai lavoratori non deve essere più garantito alcun riferimento contrattuale e normativo principale.


Attacco alla stabilità del lavoro: i lavoratori pubblici sono considerati come un costo che deve essere tagliato: liberi da vincoli e tutele, vanno liberamente utilizzati e ricollocati nelle più disparate funzioni derivanti dalla necessità di una Pubblica Amministrazione al servizio dell’impresa. Il contratto a tempo indeterminato non è più la condizione normale con cui si stabilisce il rapporto di lavoro.


Attacco al contratto nazionale: la stagione della concertazione ha fatto il suo tempo. Il Contratto nazionale va smantellato e con esso il carattere di tutela generale e il suo carattere di riferimento. Le parti normative e le dinamiche salariali si devono piegare alla specificità settoriale e territoriali.


Smantellamento Pubblica Amministrazione: si instaura il regime della precarietà lavorativa, salariale e previdenziale. Si dismettono importanti servizi e funzioni della pubblica amministrazione (vedi direzioni provinciali del tesoro) costringendo i lavoratori alla mobilità forzata. Si aumentano le esternalizzazioni cedendo compiti e mansioni al privato.




La questione salariale



Sul fronte del salario e delle relazioni sindacali l’interesse primario di Governo-Confindustria  è quello di smontare gli attuali livelli di contrattazione e la loro decorrenza e durata. Con l’accordo firmato tra Governo e Cgil, Cisl e Uil sulla trienalizzazione si è arrivati a manomettere il modello contrattuale, con lo slittamento nei tempi del rinnovo dei successivi bienni economici.


Al momento i soli contratti rinnovati nel corso del 2007 sono quelli del comparto scuola, parastato e ministeri che hanno registrato risultati economici ben al di sotto degli obiettivi di recupero dell’inflazione e cedimenti normativi importanti anche in materia di organizzazione del lavoro e ordinamento professionale con rimandi successivi alla contrattazione decentrata per i soli firmatari del contratto, fuori da ogni controllo dei lavoratori. Per i restanti comparti pubblici la trattativa è nei fatti bloccata.


Così si è avviato il superamento dell’attuale modello contrattuale, facendo slittare “fisiologicamente” le decorrenze, in media di due o tre anni, rispetto a quanto previsto. Il contratto nazionale viene smantellato ulteriormente  dal mancato recupero persino dell’inflazione programmata e si demanda alla contrattazione decentrata il compito di recuperare le differenze già dovute in sede di contrattazione nazionale, in cambio della cosiddetta maggior produttività. Si apre la strada ad una ulteriore riduzione dei salari, alla frantumazione contrattuale ed alle gabbie salariali territoriali.

 


L’impianto normativo contrattuale 2006-2009 rischia di frantumarsi visto l’affermazione  esplicita del modello contrattuale voluto da Confindustria e corrispondente anche alla strategia del Governo. Cgil, Cisl e Uil con la firma sull’accordo nel pubblico impiego della triennalità hanno la responsabilità di modificare la centralità della contrattazione nazionale, aprendo così la strada al trasferimento in sede decentrata di istituti propri del contratto nazionale. Di queste modifiche strutturali i lavoratori sono tenuti all’oscuro; si pratica la via dell’inganno paventando un recupero recuperare salario e del potere d’acquisto attraverso la detassazione.


RdB-CUB respinge l’offensiva  contro il Contratto nazionale e il Salario e invita i lavoratori a determinare una svolta capace di recuperare il soddisfacimento dei loro stessi bisogni già notevolmente compromessi da anni di concertazione sindacale.


Come  dimostriamo nel documento allegato l’attacco al mondo del lavoro ha come obiettivo la non distribuzione della ricchezza prodotta ed un’ulteriore compressione dei salari, ma soprattutto l’affermazione di nuove regole (legislative e contrattuali) che riducono la capacità di difesa dei diritti dei lavoratori. Si vuole subordinare ulteriormente il lavoro pubblico per favorire e accelerare il processo di sottomissione della Pubblica Amministrazione agli interessi del padronato.



Difesa del Contratto nazionale, rilancio della democrazia sindacale



La scelta operata da RdB-CUB per la sottoscrizione dei contratti nazionali di Parastato e Ministeri è dovuta alla consapevolezza della portata che ha lo scontro in atto e pertanto consideriamo strategica la nostra presenza all’interno dei posti di lavoro e nei diversi livelli di contrattazione, per aprire un fronte di lotta “territoriale” a partire dai posti di lavoro.


Coloro che oggi propongono ricette “truffa” sul salario sono coloro che hanno impoverito i lavoratori attraverso la politica dei redditi.


La detassazione degli aumenti contrattuali, che contiene in se il taglio ulteriore ai servizi pubblici e allo stato sociale, ed il rafforzamento del secondo livello di contrattazione - che lega le retribuzioni alla produttività - non permettono il recupero del potere d’acquisto dei salari.


La ricetta deve essere una diversa distribuzione della ricchezza, prodotta dai lavoratori  in questi decenni.


 Le imprese  hanno dilapidato e impoverito il salario dei lavoratori per contro hanno incrementato a dismisura i propri profitti.



RdB-CUB Pubblico Impiego ritiene urgente avviare da subito, in categoria, una mobilitazione che necessariamente si collegherà alle iniziative sul piano generale messe in campo dalla CUB:

-    per un recupero salariale capace di limitare gli effetti del carovita, attraverso un meccanismo automatico di adeguamento dei salari che ridistribuisca la ricchezza prodotta in questi anni;


-     per un modello contrattuale che mantenga intatto l’attuale contratto nazionale capace di tutelare concretamente i bisogni dei lavoratori e che ristabilisca l’obbligo del rinnovo contrattuale alla scadenza;

 

-     per assicurare regole nuove che estendano tutele e diritti in materia di democrazia nei luoghi di lavoro e di rappresentanza sindacale.