UNA GRANDE MANIFESTAZIONE DEL MOVIMENTO INDIPENDENTE

CUB, continueremo a Vicenza e con l’imminente sciopero generale a difesa delle pensioni

Roma -

"Il grandissimo corteo che oggi ha sfilato per le vie di Roma è il segno che esiste un forte movimento indipendente, che oggi si è espresso unitariamente contro la guerra permanente di Bush e contro l’interventismo militare del governo Prodi", dichiara Pierpaolo Leonardi, Coordinatore nazionale della CUB che è stata fra i promotori della manifestazione.

 

"La mobilitazione riprenderà a Vicenza, dove andremo ad opporci alla costruzione della base U.S.A., e proseguirà con l’imminente sciopero generale, che la CUB indirà presto per la difesa e il rilancio del sistema previdenziale pubblico e contro lo scippo del TFR".

 


10 giugno 2007 - L'Unità

Erano in 60mila, slogan contro il governo e la sinistra
Poche bandiere arcobelano, molto antagonismo. «Bertinotti è un pacifinto»

Roma - IN SESSANTAMILA Un corteo grande. Rabbioso. Che urlava slogan duri come le pietre che poi, in serata, un gruppo di incappucciati ha lanciato contro gli «sbirri». Tante bandiere di parte. Parti piccole, minuscole. Isolate e perciò agguerrite. Dal Partito dei marxisti leninisti, a quello dei comunisti duri e puri, ai Carc che inneggiano alle nuove Br, ai Cobas, ai Cub, ai centri sociali più incazzati, al movimento «No dal Molin» contro la base Usa di Vicenza al «Partito Umanista». Tutti in coro contro Bush e Prodi, che sono la stessa cosa: guerrafondai e nemici della pace. Tutti, a pugno teso contro Bertinotti, il Fausto e contro questa «sinistra che è peggio di Berlusconi». «Bertinotti, Ferrero, uscite dal ministero» lo slogan urlato a squarciagola. Ma sì, il lettore dimentichi le grandi manifestazioni per la pace. Quelle con le bandierone arcobaleno (ce n’erano poche decine al corteo di ieri), con le famiglie, i volti sorridenti di uomini e donne allarmati per le guerre, ma accompagnati dalla serenità di chi sa di far parte di un grande movimento di popolo. Ieri a Roma era diverso. C’era di tutto in quella fetta di Italia calata dal Nord e salita dal Sud. Tutte le pulsioni di una parte della società italiana colma di problemi e di rabbia che non si riconosce più in nessun partito. Neppure in quelli fino a ieri ritenuti vicini. Altro che sinistra radicale. «Perdete ogni speranza voi che votate», recitava un cartello. «Siamo contro Bertinotti, Giordano, Migliore: questi traditori», urlava una ragazza di un centro sociale napoletano. Ogni spezzone del corteo ha una sua autonomia, un suo discorso da fare, una sua bandiera da custodire gelosamente. Nessuno vuole riconoscersi nell’altro. Non c’è, come si sarebbe detto un tempo, una direzione politica unitaria. E di questo - e il dramma politico per la sinistra raccontato dalla giornata di ieri sta anche qui - nessuno dei «capi» presenti come al solito alla «testa» del corteo sembra rendersene conto. Ognuno si illude di aver conquistato finalmente una leadership. Sentite Salvatore Cannavò, parlamentare di Rifondazione comunista, esponente della minicorrente di «Sinistra critica». Ha gli occhi lucidi, la parlantina sciolta e l’acquolina in bocca di chi già assapora la conquista. Gli hanno detto che il sit-in pacifista di lotta e di governo di Piazza del Popolo è stato un fallimento clamoroso e lui: «Bene, perché è in questa manifestazione che nasce un' opposizione di sinistra a Prodi. Questa gente lo ha votato. Farebbero bene a valutarlo. La sinistra istituzionale ha fatto un errore clamoroso a non essere qui. Ci sono due sinistre, una di governo confinata in una piazza e una di movimento pronta a fare opposizione». E sentite il Turigliatto, il senatore già esponente di Rifondazione ed oggi rivoluzionario isolato del gruppo misto al Senato. «Il governo Prodi sta sbagliano tutto con la sua politica estera fatta di potenza militare». Si aggiusta la giacca, sorride, stringe mani: finalmente leader di qualcosa.
E il Bernocchi, quello dei Cobas, non è da meno: «Bertinotti? Ma via, è il sommo pontefice, non rappresenta più nessuno. Ormai è uno che esalta la Folgore...». E non poteva mancare Luca Casarini, il leader dei disobbedienti del Nord-Est. A Roma arriva alle sei di sera, Trenitalia gli ha fatto la guerra, dice, ritardando la partenza dei treni. «Ma ora siamo qui, D’Alema e Bertinotti hanno perso la battaglia, noi siamo in 3mila. Noi siamo la vera sinistra, non quelli che sono a Piazza del Popolo, noi siamo la sinistra che sta in piazza». Dietro il grande striscione «No War, no Bush, no Prodi», ci sono altri pezzi di sinistra. Lucio Manisco, Fosco Giannini, Franca Rame passeggia e sorride, Giorgio Cremaschi dei metalmeccanici Cgil. Una ragazza australiana ha il ventre scoperto, col pennarello si è tracciato un messaggio per il mondo intero: «Anche gli australiani sono contro Bush». Più in là, lontano dai «leader» un uomo anziano si tiene lontano dal corteo e sventola una enorme bandiera rossa senza simboli. Sembra felice. Ma è solo pure lui.(e.f.)


9 giugno 2007 - Adnkronos

ITALIA-USA: CUB, MOBILITAZIONE DI ROMA PROSEGUIRÀ A VICENZA
ANDREMO A OPPORCI ALLA COSTRUZIONE DELLA BASE AMERICANA

Roma, 9 giu. (Adnkronos) - «Il grandissimo corteo che oggi ha sfilato per le vie di Roma è il segno che esiste un forte movimento indipendente, che oggi si è espresso unitariamente contro la guerra permanente di Bush e contro l'interventismo militare del governo Prodi». È quanto dichiara in una nota Pierpaolo Leonardi, Coordinatore nazionale della Cub che è stata fra i promotori della manifestazione. «La mobilitazione riprenderà a Vicenza, dove andremo ad opporci alla costruzione della base Usa e proseguirà con l'imminente sciopero generale, che la Cub indirà presto per la difesa e il rilancio del sistema previdenziale pubblico e contro lo scippo del Tfr», conclude Leonardi.


1 giugno 2007 - Comunicato CUB

No Bush-No War Day
Contro la guerra permanente di Bush
Contro l’interventismo militare del governo italiano
L'ultimo comunicato delle reti e delle organizzazioni promotrici della manifestazione nazionale del 9 giugno

Si terrà sabato 9 giugno il corteo convocato a Roma da un’ampia coalizione di reti, associazioni, sindacati di base, centri sociali forze politiche che hanno promosso il "No Bush-No War Day". La manifestazione partirà alle ore 15 da piazza della Repubblica per arrivare fino a piazza Navona. Si tratta di un primo importante risultato che consente di affermare il diritto all’agibilità politica del centro di Roma anche nel giorno della venuta di Bush. Non ci saranno quindi né "zone rosse" né blindature della città.
Sarà una manifestazione partecipata e popolare, pacifica e determinata, fortemente unitaria vista la pluralità di forze e di culture che ha saputo finora raccogliere – già oltre 200 le adesioni - e aperta a ogni tipo di contributo. Lo si evince dal tipo stesso di piattaforma – "contro la guerra permanente di Bush e contro l’interventismo militare del governo Prodi" – che raccoglie quanto seminato dal movimento contro la guerra degli ultimi anni. Un movimento che si è sempre trovato unito nel chiedere il ritiro delle truppe italiane dai fronti di guerra, che ha sempre contrastato l’aumento delle spese militari, che recentemente si è stretto attorno a Emergency continuando a chiedere la liberazione di Hanefi. Un movimento solidale con il popolo palestinese e con il suo diritto alla terra dopo quarant’anni di occupazione israeliana. Un movimento che contrasta l’avallo italiano allo scudo missilistico USA e che il 17 febbraio scorso ha manifestato compatto contro la decisione del governo italiano di autorizzare il raddoppio della base Usa a Vicenza.
Pensare che un movimento, che si riconosce contro la guerra "senza se e senza ma", possa separare le responsabilità dell’amministrazione statunitense da quelle del governo del proprio paese, significa consegnarsi a un’idealità antiguerra in grado di riconoscere le responsabilità dell’unilateralismo armato ma muto di fronte alla guerra quando questa diventa multilaterale.
Del resto, la stessa, recente, scelta del parlamento italiano di dare il via libera, senza nemmeno una votazione, al rafforzamento della missione in Afghanistan con l’invio di nuovi armamenti offensivi, dimostra la crucialità delle responsabilità italiane sullo scacchiere della guerra globale.
La piattaforma che indice il corteo del 9 è incentrata su questi temi: per questo è di per sé unitaria perché parla il linguaggio del movimento. Per queste ragioni la discuteremo nei prossimi giorni, a livello locale e nazionale, con chiunque ci si voglia confrontare seriamente e nel merito. Organizzeremo assemblee, dibattiti, forum e confronti nel migliore spirito che proviene dall’esperienza dei movimenti di massa di questi anni e con la convinzione che non ci siano rivendicazioni immediate più efficaci di queste per rilanciare il movimento contro la guerra come dimostra anche l’esperienza autorganizzata della Carovana contro la guerra. Organizzeremo comitati unitari con l’auspicio che restino sui territori anche dopo il 9 giugno per dare sostanza reale al movimento e farlo fuoriuscire dal solo coordinamento di soggettività organizzate.
Manifesteremo in tanti, dunque, contro Bush e le politiche di guerra del governo italiano: invitiamo tutti e tutte a partecipare a questo corteo; altre polemiche non ci interessano.
Altri vogliono manifestare su una piattaforma diversa che non contempli nessun riferimento al governo italiano: si tratta di una divergenza che non può essere nascosta vista la sua rilevanza; una divergenza che si manifesta negli obiettivi che perseguiamo: il ritiro immediato dall’Afghanistan, la revoca del Dal Molin, la revoca dello Scudo spaziale, la revoca degli F35, il taglio delle spese militari a favore di quelle sociali.
Vogliamo infine che sia garantita la piena agibilità politica a Roma ma anche nella preparazione dei giorni precedenti. Crediamo che debba essere garantito il diritto a manifestare senza limitazioni già a partire dalle città da cui si prepara la mobilitazione. Per questo chiederemo con forza nei prossimi giorni alle Ferrovie italiane, e alle autorità politiche competenti, di farsene garanti.
Nel paese dei privilegi e dei costi della politica che sia almeno concesso il diritto di partecipare a una manifestazione nazionale.

PRIME ADESIONI.

Action-diritti in movimento, Associazione Sinistra Critica, Bastaguerra-Roma, Circolo Arci Agorà-Pisa, Campagna per la smilitarizzazione di Sigonella, Confederazione Cobas, Confederazione Unitaria di Base, Coordinamento Collettivi universitari La Sapienza, Collettivi universitari, Roma 3, Collettivo studentesco T. Muntzer-To, Disarmiamoli, Donne in Nero-Tuscia, Forum Palestina, Global Meeting Network (cso pedro - padova, cso rivolta - marghera, cso morion - venezia, capannone sociale - vicenza, s.o.a. arcadia - schio, cantieri di montecioRock - vicenza, ubik lab - treviso, cso bruno - trento, rete studenti - trento, cso crocevia, alessandria, csoa gabrio - torino, cso terra di nessuno - genova, cso cantiere - milano, casa loca - milano, cs tpo - bologna, lab.occ. paz - rimini, cs fuoricontrollo - monselice, s.p.a.m. - parma, lab. aq16 - reggio emilia, rete degli spazi sociali - venezia giulia, esc atelier occupato - roma, astra19 - roma, lab. insurgencia - napoli, lab. diana - salerno, Movimento antagonista toscano, Ass. difesa lavoratori, tutte le sedi di YaBasta ) I Corvi, Laboratorio di resistenza alla guerra, Laboratorio studentesco di Salerno, Mondo senza guerre, Officina comunista, Partito comunista dei lavoratori, Partito Umanista, Rivista Erre, Rete dei Comunisti, UniRiot (Roma, Napoli, Bologna, Torino)